Nel Comune di Girifalco (CZ), appena
sei anni dopo la nascita di quella londinese: lo attesta
inequivocabilmente un documento del 1845 di R. R.Sembra
inverosimile che il verbo della Massoneria speculativa o moderna,
fondata a Londra il 24 giugno 1717, sul ceppo di quella operativa, le
cui origini si perdono nella notte dei tempi, abbia avuto come primo
approdo, oltre i confini della Gran Bretagna, un paese della
Calabria ionica: Girifalco, in provincia di Catanzaro. Eppure è
inequivocabilmente documentato da cinque paginette scritte a penna,
un secolo e mezzo fa, dai margini bruciacchiati, ma chiaramente
leggibili. In tali paginette è tracciato il verbale del rinnovo
delle cariche con relativo elenco dei votanti, risultato della
votazione e altre indicazioni, tra cui una cosiddetta "frase
commune": FIDELITAS, che si presume fosse l'intestazione della
Loggia. Tale rinnovo avvenne nell'anno "1845 di numero
centoventiduesimo dalla fondazione di essa a Girifalco ovvero l'anno
1723 sotto degnissima direzzione di S. A. il Duca di Girifalco del
nobilcasato de' Caracciolo di Napoli". La fondazione di questa
Loggia sorprende per una serie di motivi. Il primo è da ravvisare
nel lasso di tempo (sei anni) intercorso tra la costituzione della
Gran Loggia inglese e l'erezione della Loggia girifalchese. Nella
nostra epoca in cui si comunica da un continente all' ,
approfittarono carovane di commercianti ed eserciti, ma pur sempre
con minori vocazioni esoteriche di tanti altri centri calabresi e
d'Italia, oltre che dell'Europa. Sorprende, ancora, per lo stato di
grande arretratezza non solo economica e strutturale, ma anche
culturale, in cui stagnava la Calabria (e non era la sola), dopo
secoli e secoli di dominazione straniera, aggravata dalla dinastia
dei Borbone che, salvo qualche eccezione, si distinse per sciatteria
ed ignoranza (uno di loro, Ferdinando II, disprezzava gli
intellettuali che, spregiativamente, chiamava "pennaruli").
Sorprende, infine, per il fatto che, come osservava il letterato
massone Giovanni Giacomo Casanova, che ebbe modo di visitare questa
parte della Penisola proprio nel '700, lasciandoci le sue
impressioni, lo stato sociale della regione era degradato, i
contadini erano oppressi dal potere feudale e soffocati da una
economia arretrata. "Al lento risorgimento del Mezzogiorno -
scrive, infatti, Antonio Piromalli nella sua "Letteratura
Calabrese" (vol. I, pp. 182/183) -, degli ultimi decenni del
Seicento la Calabria non partecipa perché i mali tradizionali si
perpetuano e sopravvivono nel primo Settecento. Anche quando la
Calabria passa ai Borboni (1734) le grandi famiglie feudali
continuano a mantenere il loro dominio pur se la crisi feudale ha
indebolito il baronaggio. (...) Il popolo restava avvilito e ancora
di lì a cento anni resterà avvilito e presterà voce all'armata del
cardinale Fabrizio Ruffo, la nobiltà rimaneva ancora incivile, il
clero ignorante perché la miseria e la fame dominavano ma delle
crepe si venivano aprendo nell'ordine antico e cominciavano ad avere
spicco per l'individualità, sia pure bizzarra, spiriti vivaci e
anticonformisti". E "spiriti vivaci e anticonformisti",
in qualche misura si può dire che furono i Caracciolo di Girifalco
che tennero in feudo il paese per poco meno di due secoli
(1624-1806), impregnando l'ambiente del loro mod fatti, trascendeva
lo stato di subalternità dei sottoposti, per porsi in una posizione
di rispetto, oltre che di fiducia, della loro identità sociale ed
umana, atteggiamento da considerare rivoluzionario per quel tempo,
che dimostra proprio la fondazione della Loggia, considerato che i
principi e le finalità della Libera Muratoria erano e sono l'esatto
contrario della visione etica e sociale dei padroni, per i quali
esisteva ed esiste solo la propria libertà, o meglio, il proprio
libero arbitrio, ritenendo l'uguaglianza e la fratellanza un'eresia.
D'altra parte, i Caracciolo si distinsero proprio per l'assenza di
sintonia con l'apparato aristocratico del loro tempo, arroccato in
una superiorità di classe netta, intoccabile, dogmatica. Lo dimostrò
non soltanto quel Gennaro che introdusse la Massoneria nel suo feudo
di Girifalco, ma, in particolare, quel Francesco (1752-1799),
Commodoro di re Ferdinando I di Borbone, notoriamente massone, f
inito appeso, nel porto di Napoli, all'albero maestro della Minerva
per ordine di Nelson, reo di avere sposato la causa repubblicana. Ed
allora. E' da riconoscere che, senza l'atteggiamento anticonformista
dei Caracciolo, difficilmente, a Girifalco, si sarebbe creata quella
fascia di borghesia libertaria, solo marginalmente sostenuta dal
cosiddetto popolo basso non in grado di percepire i valori libertari,
borghesia che non si piegò alla tirannia nemmeno quando la forca del
Borbone consumò l'olocausto di alcuni suoi componenti di spicco:
Raffaele Tolone, dottore fisico; Pier Antonio Maccaroni, notaio,
Vincenzo Luigi Zaccone, notaio; D. Vitaliano Staglianò, sacerdote;
Vincenzo Migliaccio, dottor chimico, impiccati in una piazza a Napoli
nel 1801, per aver partecipato alla cacciata dei Borbone nel 1799. La
storia di Girifalco è disseminata di atti libertari e patriottici
che furono pagati a caro prezzo dalla famiglia Tolone in particolare
che, a seguito dell'impiccagione di Napoli d confisca dei beni e una
serie di angherie, come racconta uno dei suoi membri, Rocco Tolone,
che lasciò un documento scritto a memoria dei discendenti, da cui si
apprende che la persecuzione fu talmente ferina contro questa
famiglia, da ridurre l'autore del racconto a dover fare lo "scarparo"
per sopravvivere. Le tragedie e i drammi, però, non piegarono i
Tolone che rimasero saldi nei loro principi ed ideali, tramandati da
generazione in generazione, di cui l'avv. Mario Tolone Azzariti,
prestigioso discendente, ne è espressione vivente.
Trovo molto ricco il vostro sito, verrò spesso ad assetarmi.
RispondiEliminaT.F.A.