Massoneria
lunedì 23 aprile 2012
sabato 21 aprile 2012
Le Opere di Giordano Bruno
Animadversiones circa lampadem lulliana
Ars
memoriae
Ars
reminiscendi, Triginta sigilli et triginta sigillorum explicatio,
Sigillus Sigillorum
Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos
atque philosophos
Artificium perorandi
Cabala
del cavallo pegaseo
Camoracensis Acrotismus seu rationes articulorum physicorum adversus
peripateticos
Candelaio
Cantus
Circaeus
Cena
de le Ceneri
Centum
et viginti articuli de natura et mundo adversus peripateticos
De
compendiosa architectura et complemento artis Lullii
De gli
eroici furori
De
imaginum, signorum et idearum compositione
De
innumerabilibus, immenso et infigurabili
De
l'infinito, universo e mondi
De la
causa, principio et uno
De
lampade combinatoria lulliana
De
magia
De
magia mathematica
De
monade, numero et figura
De
progressu et lampade venatoria logicorum
De rerum principiis et elementis et causis
De
triplici minimo et mensura
De
umbris idearum
De
vinculis in genere
Figuratio Aristotelici physici auditus
Idiota
triumphans - De somnii interpretatione
Lampas
triginta statuarum
Libri
physicorum Aristotelis explanati
Medicina lulliana
Mordentius - De Mordentii circino
Oratio
valedictoria
Oratio
consolatoria
Spaccio
Summa
terminorum metaphysicorum
Theses de magia
Giordano Bruno e l'infinità dell'Universo
Bruno é uno strenuo sostenitore della infinità dell' universo ; uno degli
aspetti della rivoluzione scientifica fu la rivoluzione astronomica ,
ossia le nuove teorie sulla struttura dell' universo . Con Copernico
dalla teoria geocentrica si passò a quella eliocentrica , un
radicale cambiamento di punto di vista : certe cose non potevano
essere spiegate guardando dalla Terra , e così Copernico passò ad
esaminare dal Sole , cambiando appunto il punto di vista . E'
importante l' impatto che ebbe sul mondo questa teoria : ci fu chi la
rifiutò perchè faceva letteralmente paura perchè dava il senso di
perdita di punti di riferimento : da Aristotele in poi si era
abituati all' idea di un mondo finito posto al centro dell' universo
con punti di riferimenti assoluti . Con Copernico non si arriva ad
affermare l' infinità del mondo , ma si vengono a " scardinare
" alcuni punti di riferimento , primo fra tutti la centralità
della Terra . Molte persone videro subito nelle teorie di Copernico
qualcosa che faceva traballare non solo la Terra ma anche l' uomo ,
che non era più il centro ; con Copernico i centri di rotazione
diventano due : il Sole é centro di rotazione dei pianeti e la Terra
é centro di rotazione della Luna ; per la prima volta non c'era più
un centro assoluto e ammettere due centri é un primo passo per
arrivare a dire che di centro non ce n'é proprio nessuno ! Son tutte
cose che psicologicamente fan paura alla gente comune . Ci fu anche
chi accolse positivamente l' ipotesi copernicana , essenzialmente per
due motivi : scientificamente era più vera e quindi Galilei non
tarderà ad accettarla , poi chi la accettò , come Bruno , non per
motivi scientifici ( basti pensare che quando Bruno ne parla nelle sue opere pare avere le idee un pò
confuse a riguardo : ha sì compreso le linee essenziali del pensiero
di Copernico , ma non perfettamente ) , bensì per motivi sociologici
: gli interessa esattamente ciò che impauriva gli altri ; prende la
teoria copernicana come punto di partenza e non di arrivo , cioè a
differenza di Copernico stesso che ( ricordiamolo ) aveva negato l'
infinità dell' universo , Bruno accetta la teoria come punto di
partenza per ammettere l' infinità dell' universo . Ma come faceva
la teoria copernicana a consentire l' infinità dell' universo ?
Ammettere due punti di rotazione é un primo passo verso l'
ammissione di più punti di riferimento assoluti e in qualche modo
già questo lascia intravedere la possibilità di una infinitezza :
quale era il ragionamento di Aristotele per dire che il mondo é
finito ? Diceva : se prendo una penna e la lascio cadere va per terra
, verso il suo luogo naturale ; dalla presunta constatazione dell'
esistenza di moti e di luoghi naturali allora deve esistere un centro
assoluto : perchè ci siano un alto e un basso assoluti ci deve
essere un mondo finito ; se il mondo fosse infinito non ci sarebbero
alto e basso , diceva Aristotele . Copernico quindi aveva posto le
premesse per dimostrare la infinitezza del mondo . Poi c'é un' altra
faccenda : l' universo aristotelico é finito e piuttosto piccolo :
la distanza tra la Terra e il cielo delle stelle fisse ( la "
pelle " del mondo ) era circa due - tre , magari anche dieci
volte quella che separa la Terra dal Sole . Invece Copernico deve
fare i conti con un' obiezione , quella dell' inesistenza dell'
effetto di parallasse : supponiamo di ammettere la teoria
aristotelica che vuole la Terra ferma : il cielo delle stelle fisse
si muove e la Terra sta ferma . Se ci muoviamo nell' ambito della
teoria Copernicana la Terra si muove intorno al Sole : i rivali di
Copernico lo criticavano perchè se fosse stato vero ciò che diceva
lui noi dovremmo vedere ( per l' effetto di parallassi ) le stelle in
modo diverso a seconda delle stagioni , ossia a seconda di come é
orientata in quel momento la Terra intorno al Sole , ma visto che ciò
non accade , allora la Terra é ferma : a quei tempi infatti si era
arrivati a capire che il cielo delle stelle fisse fosse fermo e se
quindi la Terra fosse stata in continuo moto si sarebbe dovuto vedere
il cielo delle stelle fisse " muoversi " , o meglio ,
cambiare di posizione . Copernico fu quindi costretto a dire che l'
effetto di parallassi c' era ma era talmente piccolo che non si
vedeva e quindi dovette aumentare la grandezza dell' universo , la
distanza Terra-stelle fisse : la Terra si muove , diceva Copernico ,
e l' effetto di parallassi c'é , solo he il cielo delle stelle fisse
é così distante da noi che manco ce ne accorgiamo . Copernico
continuava sì a riconoscere finito l' universo , ma esso diventava
comunque enormemente più grande , in altre parole apriva la strada
per il mondo infinito . Bruno non fa altro che sfruttare queste
considerazioni per dire che il sistema copernicano é giusto e per
sostenere positivamente l' infinità dell' universo . Quello che per
i più era segno di smarrimento e perdita di riferimenti , per Bruno diventa punto di partenza per una visione liberatoria dell' universo
: l' universo finito per lui sarebbe stato troppo piccolo per
lasciare spazio alla libertà dell' uomo : l' universo finito
fisicamente per Bruno é una casa ma anche una gabbia , quello
infinito non può più essere una casa ma neanche più una gabbia e
questo a Bruno piace . L' idea del mondo infinito dà l' idea di un'
infinita libertà umana . Comunque Bruno propone anche argomentazioni
scientifiche a supporto dell' infinitezza del mondo , che ricalcano
quanto già avevano detto Ockham e Cusano : Ockham aveva detto che il
mondo é finito , ma che nella sua onnipotenza Dio avrebbe potuto
farlo infinito ; Cusano in modo un pò ambiguo ( doveva essere
compatibile col cristianesimo ) diceva che la causa infinita non può
che estrinsecarsi in un effetto infinito e diceva anche che il mondo
é infinito nel senso che é somma infinita di enti finiti . Invece
Bruno dirà una volta per tutte che l' universo é infinito proprio
perchè effetto di una causa infinita ; non solo , ma se esaminiamo
la questione in termini cusaniani , ossia se il centro dell' universo
può essere identificato con qualsiasi punto dell' universo stesso (
dato che la concezione dell' universo come contrazione di Dio conduce
Cusano a vedere in esso la stessa infinità di Dio ) , la sua
circonferenza , cioè il suo confine , non può essere determinato ed
esso si estende in misura ugualmente indeterminata da ogni lato :
quindi la caratteristica principale dell' universo non é il suo
confine , ma la sua illimitatezza , e se esso si estende all'
infinito , così anche la vita che in esso pullula si propaga all'
infinito : per Bruno ci sono due generi di corpi nel cosmo , i soli e
le terre : i primi luminosi ed ignei , le seconde cristalline o
acquee e lucide : il fatto che noi vediamo solo i soli ( ossia le
stelle ) e non le terre , dipende esclusivamente dal fatto che gli
uni son grandi e le altre , molto minori , son rese invisibili dalla
distanza . Non c' é altra diversità di natura e di dignità tra gli
astri : " si noi fussimo ne la luna o in altre stelle , non
sarreimo in loco molto dissimile a questo , e forse in peggiore "
( La cena de le Ceneri ) . Comuni a tutti gli astri sono il movimento
, i motori , la materia e lo spazio in cui si muovono . Il loro moto
é circolare . Infiniti sono i soli e infinite le terre : credere che
esistano solo i pianeti che già conosciamo é come credere che
esistano solo gli uccelli che passano davanti alla propria finestra !
Con le sue affermazioni Bruno sapeva bene di andare a finire nel
panteismo ( ossia che Dio e il mondo sono la stessa cosa ) , ma il
suo rapporto con la religione era ben diverso da quello di Cusano ,
che lavorava all' interno della Chiesa stessa . Se Bruno nutre grandi
simpatie per la teoria copernicana , che apre le porte all'
infinitezza del mondo , egli non può che disapprovare le dottrine di
Aristotele per diversi motivi : in primo luogo Bruno é un umanista e
tipica dell' Umanesimo é l' avversione nei confronti dello Stagirita
in quanto filosofo preferito dei Medioevali ; in secondo luogo
Aristotele aveva strenuamente sostenuto la finitezza dell' universo ;
nel De immenso , composto in Inghilterra nel 1583, Bruno , difendendo
l' infinitezza dell' universo , designa Aristotele come " il
Sofista " , anzichè " il Filosofo " come erano soliti
chiamarlo i Medioevali : proprio come i sofisti , che partendo dal
presupposto che la parola può tutto , dimostravano le cose più
strampalate e distanti dal vero , così Aristotele ( che sempre nel "
De immenso " Bruno definisce " ministro della stoltezza "
) dimostra la finitezza dell' universo . Nella Cena delle ceneri
(Inghilterra, 1584) Bruno critica le tesi del teologo luterano
Osiander, che, nella prefazione anonima al De revolutionibus orbium
coelestium, sostiene che il modello astronomico eliocentrico non ha
valore fisico e cosmologico, essendo soltanto un’ipotesi
astronomica, modello geometrico utile per spiegare congetturalmente i
fenomeni celesti. Questa interpretazione, sostenuta dai professori
inglesi calvinisti, riduce il contrasto della teoria con la lettera
della Sacra Scrittura. Contro di essa Bruno afferma la verità fisica
e cosmologica dell’eliocentrismo, tentando di mantenersi su di un
piano esclusivamente filosofico, non volendo affrontare la questione
(teologica) della concordanza tra eliocentrismo e Bibbia. Nella Cena
la critica si indirizza innanzitutto contro le premesse filosofiche
del geocentrismo. Vengono presi di mira i capisaldi della fisica
aristotelica , allo scopo di confutare gli argomenti tradizionali
contro il movimento della terra: Bruno perviene a principi quali
quello di relatività dei movimenti e di inerzia. Detto questo ,
Bruno cerca di spiegare che rapporto c'é tra universo e Dio : si
serve dell' esempio della statua , già usato da Aristotele . Il
rapporto tra Dio e il mondo é lo stesso rapporto che c'é tra lo
scultore e la statua : se io guardo la statua , essendo essa effetto
dello scultore , io conoscendo la statua conosco in qualche misura
anche lo scultore ; ma non lo conosco totalmente perchè nella statua
ci mette una parte di sè , non tutto se stesso : rimane una parte
che é inconoscibile . Bruno fa anche una distinzione tecnica tra due
parole , nella sua opera " Della causa principio ed uno " .
C'é differenza tra dire causa e dire principio : causa é quando
qualcosa produce restando fuori dalla cosa prodotta ( " ciò che
concorre alla produzione delle cose esteriormente , ed ha l' essere
fuor de la composizione " ) , principio é quando qualcosa é
parte di ciò che ha prodotto ( " ciò che intrinsecamente
concorre alla costituzione della cosa e rimane nell' effetto " )
: per esempio nelle famose quattro cause di Aristotele , la causa
materiale e quella formale sono principi perchè generano la cosa e
ne fanno parte ; quella efficiente no perchè sta fuori dalla cosa
prodotta . Lo scultore in questo senso é causa e principio
contemporaneamente perchè agisce dall' esterno , ma qualcosa di sè
all' interno della statua lo lascia . Lo stesso discorso vale per il
rapporto Dio - mondo : il mondo é l' effetto di Dio . Dio ha
prodotto nel mondo e in qualche modo é quindi presente nel mondo ,
nulla impedisce tuttavia di pensare che Dio non si sia "
esaurito " nel creare il mondo : mantiene una sottile
distinzione Dio-mondo . Il mondo é sì un' estrinsecazione di Dio ,
ma ciò non significa che Dio sia tutto solo nel mondo . Però Bruno
faceva questa aggiunta : come filosofo posso conoscere solo ciò che
Dio ha messo di sè nel mondo : nel mondo colgo la presenza di Dio .
Non posso però , come per la statua , conoscere tutto Dio , posso
conoscere come Dio si é espresso nell' universo . Non posso
conoscere Dio in sé , ma posso conoscerlo come presente nel mondo :
si parla di " Deus super omnia " e " Deus insitus
omnibus " : l' idea di un Dio che sta sopra all' universo ma che
vi sta anche dentro . Allora Bruno diceva che quello che é Deus
super omnia l' uomo non può conoscerlo ( a meno che Dio non glielo
voglia far sapere tramite verità rivelate , alle quali peraltro
Bruno non pare dare molto peso ) ; come filosofo posso conoscere Dio
solo nella misura in cui si é calato nell' universo : questo
consente a Bruno di poter dire che non si può parlare del Dio che
non si é calato nell' universo : non può ( perchè la ragione non
può arrivare a tanto ) e non vuole ( perchè non nutre interesse per
la questione ) . Bruno ammette che Dio esista come super omnia , ma
fino a che punto il suo discorso era sincero ? Probabilmente era solo
una scusa quella che il Dio super omnia non lo si può conoscere e
quindi non se ne può parlare perchè forse Bruno credeva solo in
quello insitus omnibus .
Giordano Bruno la morale e il mito di Atteone
La morale di Bruno , cui gira intorno
tutta la sua filosofia : sia la concezione
cosmologica ( l' infinità del mondo ) sia quella
metafisica ( l' unità e il superamento dei dualismi ) sono tutte
cose funzionali all' atteggiamento etico bruniano , che viene ben
riassunto in una famosa espressione : l' eroico furore . Che cosa
significa quest' espressione ? Traduce e reinterpreta la concezione
dell' amore platonico , che era piuttosto diffusa all' epoca . Il
termine " furore " va inteso come " pazzia " (
pensiamo all' " Orlando furioso " di Ariosto all' incirca
di quegli stessi anni ) e Platone stesso aveva insistito sul fatto
che l' eros fosse una follia , anche se positiva . Se furore vuol
dire follia , eroico va letto in un duplice significato : anche qui
Bruno riprende un gioco di parole e una falsa etimologia di cui si
era già servito Platone : questi aveva notato l' analogia tra eros
ed eroe . Nel mondo greco classico , poi , eroe era non solo l' uomo
valoroso , ma anche la semi-divinità ( gli eroi in fondo erano anche
dei semi-dei ) ; Platone nel Simposio insisteva sul fatto che Eros
fosse un semi-dio ; eroico vuol quindi dire sia eroico nel senso di
valoroso ma anche nel senso di erotico per Bruno . Ma cosa sono gli
eroici furori ? Sono la tendenza mistica propria dell' uomo , che ha
compreso certe realtà , all' omoiosis theo ( assimilazione a Dio ) .
In Brunol' omoiosis theo assume caratteri differenti rispetto
a quelli assunti in Platone nel Teeteto : Bruno riprende dalla
tradizione platonica l' idea dell' avvicinarsi sempre di più a Dio
fino ad " indiarsi " , come dice Dante , diventare quasi
una sola cosa con Dio ; riprende poi da Platone ( pensiamo alla biga
alata , che per muoversi necessita dell' auriga ma anche del cavallo
bianco ) l' idea che lo strumento di questo " indiarsi "
sia contemporaneamente un fatto di ragione e di intelligenza da un
lato ma anche di volontà e di amore dall' altro . Quello che é
nuovo in Bruno
é la concezione di quel Dio a cui l' uomo é invitato ad assimilarsi
; é ovvio che l' assimilazione vari a seconda di come si intenda Dio
: questo slancio di amore e di intelligenza ( ma anche di libertà ,
visto che l' universo é infinito ) naturalmente Bruno lo intendeva
in modo diverso da quello in cui potevano intenderlo i cristiani ,
con la loro concezione di divinità ben diversa da quella bruniana .
Da notare che accanto agli " Eroici furori " Bruno scrive
un' altra opera , forse meno famosa , intitolata " Lo spaccio
della bestia trionfante " , dove spaccio sta per " cacciata
" : la bestia rappresenta il più grande dei vizi che l' uomo
possa avere , l' accidia ( l' agire poco , l' essere inattivi ) : per
Bruno quest' atteggiamento va dissipato . Lo Spaccio della bestia
trionfante è costituito da cinque dialoghi che si svolgono tra gli
dei convocati da Giove per liberare i cieli dalle bestie che hanno
dato il nome alle costellazioni e che simboleggiano le false virtù,
vecchi valori da trasvalutare. Giove colloca al primo posto tra le
virtù la dea Verità, accanto alla quale sta una dea dal duplice
nome: Provvidenza e Prudenza. Provvidenza in quanto propria del
divino, Prudenza in quanto umana capacità di concordare e
conciliarsi col divino. L’Ocio - l’Ozio e la rassegnazione sono i
vizi più gravi, che rendono l’uomo simile ai bruti, sono i mali,
la “bestia” che deve essere spacciata, cioè scacciata, dal mondo
- scacciato dai cieli per far posto alla Sollecitudine, esalta se
stesso e l’età dell’oro. All’ozio Giove preferisce però,
facendo l’elogio dell’attività umana e dello sviluppo della
civiltà, la Sollecitudine. Essa ha due volti: l’intelletto e le
mani, strumenti attraverso i quali l’uomo può affiancare Dio nella
sua opera di trasformazione e vivificazione della natura. Si tratta
di un elogio dell’ homo faber , dell'uomo come artefice del proprio
destino . Ritornando agli Eroici Furori , c'é un pò un paradosso
nell' omoiosis theo di Bruno perchè il suo é un discorso di
radicale immanentizzazione ( é panteista ) e di conseguenza é come
se Dio fosse il mondo intero ( deus sive natura ) e quindi già noi
fossimo Dio : come facciamo ad identificarci con un Dio che siamo già
noi ? Allora che cosa significa identificarsi in Dio se già lo siamo
? Significa un qualcosa di piuttosto simile a ciò che intendevano
gli stoici : in sostanza il problema é " diventare ciò che si
é " , rendersi conto di essere Dio perchè finchè non ce ne
rendiamo conto é come se non lo fossimo . Non a caso Bruno arrivava
a far coincidere , sulla scia degli stoici , libertà e necessità ,
facendo così venir meno il libero arbitrio ( cosa che può sembrare
strana in un autore che tanto esalta la libertà nell' infinitezza
del mondo ) ; la verità é che per lui la libertà coincide con la
necessità , e si identifica in essa : la libertà che dà Bruno é
quella che rende l' uomo filosofo praticamente identico a Dio . E'
evidente che lo stato di libertà e necessità presente nella
divinità come coincidenza degli opposti ci deve essere anche nell'
uomo ( che é un modo di essere della divinità ) ; ma il problema é
prendere atto di ciò che é già vero in noi e solo quando ce ne
renderemo conto raggiungeremo l' omoiosis theo : é un amore
intellettuale verso Dio , ma anche intelligente . La vera differenza
tra Bruno e stoici é che per loro la passione va eliminata (
apatheia ) mentre invece Bruno é il filosofo della passione , é
platonico a tutti gli effetti . Naturalmente la filosofia di Bruno é
fortemente religiosa ( fu condannato proprio perchè la sua filosofia
era religiosa ) ma di che tipo di religiosità si tratta ? Bruno
nutre grande simpatia per la religione egizia , sebbene ai suoi tempi
se ne sapesse ben poco ( i geroglifici non erano ancora stati
interpretati correttamente ) . In particolare Bruno , che é un
umanista a tutti gli effetti , descriverà il Rinascimento servendosi
dell' immagine di una pianta amputata , ma non ancora morta ; il
tronco é ancora vivo e dopo secoli bui ( il Medioevo ) ricomincia a
germogliare : le radici per Bruno non sono tanto costituite dal mondo
latino e greco , quanto piuttosto da quello egizio . Bruno era
attratto dal mondo egizio soprattutto perchè le divinità egizie
erano terioantropomorfiche ( nello stesso tempo umane e animali ) ;
lui vedeva ciò come una rappresentazione simbolica delle sue stesse
idee : era convinto dell' identità Dio - natura , ma anche natura -
uomo e quindi Dio - uomo : questi tre aspetti sono quindi ai suoi
occhi la stessa cosa e l' omoiosis theo realizza proprio questa
identità . Questa idea é poi ben espressa nell' interpretazione che
Bruno dà dell' antico mito di Atteone ; era una mania piuttosto
diffusa ai suoi tempi quella di rileggere in chiave filosofica con
interpretazioni allegoriche i miti antichi , cambiandone anche la
gerarchia assiologica : il significato del mito di Atteone era
fortemente negativo , ma Bruno lo stravolge e lo rende positivo .
Bruno compone un sonetto immaginato scritto da un personaggio del
dialogo e dopo il sonetto prova a raccontare il mito : racconta di
questo cacciatore , Atteone , che inoltrandosi in una selva fitta e
difficile da percorrere arriva ad un laghetto e vede la dea Diana
nuda che fa il bagno ; per questo motivo viene punito e trasformato
in cervo e a questo punto i suoi cani , non riconoscendolo , lo
inseguono e lo sbranano . Evidentemente il significato originario del
mito era fortemente negativo : ben emerge il tema dell' " ubris
" , ossia della tracotanza , dell' uomo che fa un qualcosa che
lo colloca su un piano che non é il suo , su un piano eccessivo :
per uno sfondamento dei limiti viene punito . Invece Bruno lo legge
diversamente perchè nulla é più positivo che lo sfondare i limiti
, espandersi liberamente all' infinito : legge ogni elemento del mito
reinterpretandolo : Atteone é l' uomo ( più precisamente il
filosofo ) ; i cani sono di due tipi , alcuni più agili ma meno
forti , altri più forti ma meno agili , e rappresentano due aspetti
delle facoltà umane , la volontà e l' intelletto ; la metafora
della caccia é poi tipica per descrivere la filosofia , quasi come
se si andasse a caccia del sapere ( già Platone l' aveva usata ) .
Atteone ( il filosofo ) insegue la preda ( che é la natura ) : é il
filosofo che ricerca l' essenza della natura ; ma la selva non é
facile da attraversare e non tutti possono farcela ( emerge la
concezione aristocratica che Bruno ha del sapere , derivatagli dall'
averroismo ) ; ad un certo punto il filosofo incontra la dea Diana ,
che incarna la natura e che si rispecchia nello stagno : la dea che
si rispecchia simboleggia la divinità che si rispecchia nella natura
: Bruno riprende un' espressione già usata da san Paolo secondo la
quale la divinità può essere letta " per speculum " ,
come attraverso lo specchio della natura . Il filosofo avendo
inseguito la natura la vede nella sua nudità , nella sua essenza e
lui stesso ne é trasformato ( infatti il cervo incarna anch' esso la
natura ) . I cani si rivolgono contro di lui , cioè i suoi pensieri
prima rivolti ad una natura concepita come esterna finiscono per
rivolgersi contro lui stesso finchè non viene da essi catturato , l'
uomo arriva cioè a capire che lui , la natura e la divinità sono la
stessa cosa . In altre parole significa che l' uomo che ricerca la
natura trova la divinità e alla fine scopre che questa natura -
divinità non é altro che lui stesso . Il mito rappresenta tutta la
filosofia bruniana , l' identità Dio - natura - uomo che c'é sempre
stata e sempre ci sarà , ma spetta alla filosofia portare l' uomo a
rendersene conto , quasi come se non si realizzasse pienamente se non
scoperta dall' uomo . Il mito diventa quindi fortemente positivo ,
perchè rappresenta l' uomo che arriva al traguardo del processo
conoscitivo . Come accennato , si tratta di un percorso non per tutti
fattibile , nel quale bisogna attraversare luoghi " visitati e
perlustrati da pochissimi, e però dove non son impresse l'orme de
molti uomini " ; solo gli uomini superiori alla massa potranno
farcela . Tuttavia , in contrasto con questa posizione
antidemocratica é l' intuizione bruniana del progresso umano : é
un' intuizione che , congiunta alla sua rivendicazione della libertà
di pensiero costatagli la vita , fa dell' antidemocratico Bruno un
uomo nuovo e lo eleva a simbolo della democrazia , della libertà .
Egli infatti , in toni fortemente umanistici di passione per la
società presente , afferma in risposta a quelli che svalutano il
presente rivendicando una fantastica età dell' oro : " ne l'
età de l' oro per l' ocio gli uomini non erano più virtuosi che al
presente le bestie ... Or essendo tra essi ... nate le difficultadi ,
risorte le necessitadi , sono acuiti gli ingegni , inventate le
industrie , scoperte le arti ; e sempre di giorno in giorno , per
mezzo de l' egestade , dalla profundità de l' intelletto umano si
eccitano nove e maravigliose invenzioni . Onde sempre più e più per
le sollecite ed urgenti occupazioni allontanandosi dall' esser
bestiale , più altamente s' approssimano a l' esser divino " (
Spaccio de la bestia trionfante ) . Non l' autorità degli antichi
regge gli uomini nei loro ordinamenti e li " approssima a l'
esser divino " , ma la loro volontà di avanzare , di
progredire: la tematica del progresso affiora anche ne "La cena
delle ceneri" in cui compare un vivace dialogo tra il passatista
Prudenzio, sostenitore della superiorità degli antichi, con Teofilo,
che invece sostiene che il sapere stia nel presente più che nel
passato e nel futuro più che nel presente; egli é un alter ego di
Giordano Bruno e, come si può evincere dal suo nome, ha dalla sua la
divinità (teofilo vuol dire "caro alla divinità"), ossia
l'intero universo. In modo opposto allo Spaccio de la bestia
trionfante , la Cabala del cavallo Pegaseo , incentrata nel concetto
di asinità, rovescia l’idea della praxis, del rinnovamento come
valorizzazione delle opere e della magia. Essa è uno specchio
deformante. Bruno propone (sullo stile dell’ erasmiano Elogio della
follia) un elogio dell’asinità, il preciso rovesciamento dei
valori presentati nello Spaccio. Si rovescia il nesso tra sapienza e
“stoltizia”, tra scienza e fede, tra tenebre e luce, tra età
dell’oro e civiltà. Le tesi dell’Ozio vengono osannate, tramite
un lessico cristiano e riformato in un testo intrecciato alle
citazioni bibliche. L’allegoria è piegata a sostenere le tesi di
chi l’aveva criticata in virtù della “lettera”. In un gioco di
specchi, la prospettiva dello Spaccio è capovolta. Si passa al
primato dell’ignoranza. Ma di un’altra ignoranza si farà
l’elogio (non di quella ociosa) nei furori, dell’ignoranza che si
oppone alla sapienza. Qui l’asinità si rovescia, con una tecnica
erasmiana, in una sua critica, e delle filosofie asinine. In effetti
si rovescia in un aspetto costitutivo della vicissitudine.
Giordano Bruno e il superamento dei dualismi
Stabilito che Bruno é più panteista
di tutti gli altri filosofi esaminati e che di Plotino accentua
soprattutto l' immanenza della realtà , dobbiamo ora vedere il
rapporto tra Dio e cose , tra l'infinito e il finito : é il classico problema
presente fin dalle origini della filosofia del rapporto uno - molti .
In Bruno
uno e molti finiscono per essere la stessa cosa perchè il principio
é tutto interno al mondo ; ma allora che rapporto intercorre tra il
principio e le cose che da esso si articolano ? Per capirlo possiamo
fare riferimento ad un' immagine che propriamente é di Spinoza , il
quale é un filosofo che si richiama palesemente al panteismo
bruniano ; si capisce che non é un' immagine di Bruno perchè é "
matematica " e in fin dei conti l' uso che fa Bruno della
matematica é puramente " magico " : non a caso il suo
processo comincia con l' accusa da parte del nobile veneziano che lo
ospitava e pare che egli lo abbia denunciato per dispetto , in quanto
Bruno gli aveva promesso di insegnargli la magia - matematica , ma
lui era insoddisfatto degli insegnamenti . Al di là di questa
vicenda personale , é interessante notare l' interessamento di Bruno
per la magia , ossia la capacità di trasformare la realtà . Nel De
Monade numero et figura tra numeri e figure si stabilisce un nesso
organico che permette di conoscere la realtà trasformandola: tramite
caratteri immagini e sigilli, tramite le strutture che regolano il
ritmo. Conoscere i rapporti numerici e le figure geometriche
significa individuare le proprietà delle cose, capire il loro
significato nell’ordine del mondo, poter agire (e agire
effettivamente) sulle cose . Però da un passo di Bruno emerge che
cosa egli effettivamente intendesse per magia ; il passo dice : "
grande magia sarebbe quella di uno che fosse in grado di passare
dall' unità alla molteplicità e dalla molteplicità all' unità "
. La magia é da lui intesa come capacità di cogliere i meccanismi
secondo i quali l' unità si articola nella molteplicità , e la
molteplicità é tutta " ricomposta " nell' unità . Si
tratta del vecchissimo problema che risale alle origini della
filosofia : già Talete diceva che il principio fosse l' acqua e in
qualche modo doveva spiegare in che senso essa poteva diventare tutte
le cose e in che senso tutte le cose erano acqua : come possono l'
uno e il molteplice collegarsi tra loro ? Bruno affrontava la
questione sfruttando teorie pitagoriche, ma questo non riusulta
particolarmente interessante . Torniamo ora all' immagine di Spinoza
che ben spiega la questione : é un' uso metamatematico , alla Cusano
: " il mondo e tutte le sue articolazioni ( i modi ) derivano
dall' unica sostanza divina come le proprietà del triangolo derivano
dall' essenza del triangolo " : questa immagine che di non
bruniano ha solo l' uso metamatematico é particolarmente
significativa perchè fa capire come il passaggio dall' uno al
molteplice non implichi un " uscir fuori " del molteplice
dall' uno : il passaggio dall' uno ai molti era sempre stato visto
come un esteriorizzarsi dell' uno : per esempio , in Plotino quando
l' essere usciva dall' Uno manteneva pur sempre un legame con esso ,
un " peduncolo " , tuttavia la fonte non era il ruscello ;
stesso discorso valga per Cusano ; invece pensiamo al triangolo e
alle sue proprietà e ai suoi teoremi : ragionando sull' essenza del
triangolo , per dire , posso arrivare a dimostrare che la somma degli
angoli interni vale 180 gradi . Allora é chiaro che dall' unica
essenza del triangolo faccio venir fuori cose che erano implicite ;
in fondo é l' idea cusaniana dell' esplicazione e della
complicazione : tutto é complicato nell' essenza del triangolo e poi
si esplica sotto forma di teoremi , proprietà , ecc . Però una
diversità rispetto a Cusano c'é : la contrazione di fatto non c'é
, non c'é un uscir fuori , un distaccarsi del mondo rispetto a Dio :
i teoremi non stanno mica fuori dal triangolo , mica escono fuori da
lui ; in Cusano invece era come se con la complicazione ci fosse
quasi un' altra cosa , diversa dal massimo assoluto . Gli enti
singoli e finiti che compongono l' universo ( che poi é Dio ) non
sono altro che manifestazioni individuali dell' unica sostanza divina
: già per gli storici le cose erano modi di manifestarsi dell' unica
forma , sostanza divina ( il Logos ) . Quella di Bruno é quindi , in
modo radicale , una concezione monistica : non ci sono tante sostanze
, ma una sola , che di fatto é Dio e si identifica con il mondo .
Quelle che noi chiamiamo comunemente sostanze sono solo "
articolazioni " interne dell' unica sostanza ( così come le
proprietà del triangolo sono articolazioni del triangolo stesso ) :
é il triangolo che esiste , non le sue proprietà ; esse esistono
solo come proprietà del triangolo , hanno cioè esistenza "
parassitaria " proprio come gli accidenti aristotelici ( il
giallo , il bello , il grosso ) che per esistere hanno bisogno di una
sostanza alla quale riferirsi ( un libro , un cavallo , una casa ) .
Solo che per Aristotele gli accidenti erano riferiti alle singole
sostanze , mentre per Bruno sono le cose ad essere accidenti ,
singole manifestazioni dell' unica sostanza . Il che implica , tra l'
altro , la negazione della morte , che non esiste : Bruno riprende le
posizioni eleatiche , che vedevano la morte come aggregazione e
disgregazione : la morte esiste solo come trasformazione dell' unica
sostanza . Uno potrebbe dire che magari sarà anche vero che la morte
é solo disgregazione , ma comunque questo non ci garantisce due cose
: il permanere della vita e della coscienza . Per Bruno però il
mondo non é un mondo inerte e meccanicistico , bensì é un mondo
vivente : é vero che per lui non esiste la sopravvivenza individuale
, ma in realtà propriamente non é morto perchè ciascuno di noi di
fatto non é una sostanza , é solo un manifestarsi dell' unica
sostanza , in secondo luogo perchè la materia di cui siamo fatti
quando moriamo si trasforma in altro : nessuna materia é inerte e
quando moriamo lasciamo comunque spazio ad una materia che continua
ad essere viva , perchè tutto é vivo . Bruno crede , da buon
platonico , al concetto di anima del mondo : il mondo é un grande
essere vivente , anzi , in fin dei conti é l' unico essere vivente :
infatti tutti quelli che noi chiamiamo enti non esistono come
sostanze , ma come manifestazioni dell' unica sostanza che é il
mondo e quindi Dio . In altre parole , noi non consideriamo un dito
come essere vivente , ma lo consideriamo come organo facente parte di
un unico essere vivente , il corpo umano . Questo é il nostro modo
di pensare : in un certo senso Bruno concepisce tutta la realtà come
viva e tutti gli enti come manifestazioni dell' unica sostanza , come
se ciascun ente fosse un dito dell' unico corpo vivente che é il
mondo . Perchè queste manifestazioni della realtà , che noi
chiamiamo enti , si chiamano invece modi ? Perchè dovendo dire quale
é la differenza tra il Dio - Universo ( l'unica vera sostanza ) e le singole cose , Bruno
dice questo : " sia l' universo sia le singole cose possiedono
tutto l' essere " : le cose per Bruno propriamente rispetto all'
universo sono qualcosa di più che una parte , sono un modo di
manifestarsi di essa : non é che l' universo ha tutto l' essere e
che le cose ne abbiano " pezzetti " ; Bruno insiste che
ogni cosa ha in sè tutto l' essere , ciò che ogni singola cosa non
possiede in sè sono tutti i modi di manifestarsi dell' essere , che
invece sono posseduti dall' universo ( da Dio ) . In altri termini
non ci sono cose con più essere e altre con meno essere : l' essere
o c'é o non c'é ; in ogni singola cosa c'é tutto l' essere : é
una concezione parmenidea ; c'é infatti una frase nel poema di
Parmenide in cui si dice : " l' essere non é di più qua e di
meno là ; l' essere che c'é c'é tutto " . Per non cadere
nell' eleatismo più totale , che finisce per bloccare tutto quanto (
perfino il movimento , la molteplicità ) Bruno arriva a dire : se
ogni ente ha in sè tutto l' essere ( come l' universo stesso ) , é
altrettanto vero che ogni ente ha solamente un modo dell' essere ,
mentre tutti i modi sono presenti solo nell' universo che é appunto
somma di tutti i modi . L' universo ha tutto l' essere e tutti i modi
di essere , ogni ente ha tutto l' essere , ma non tutti i modi di
essere : un ente é solo una manifestazione particolare dell' essere
. Esaminiamo ora meglio la questione del monismo bruniano , monismo
che innanzitutto significa avere a che fare con un' unica sostanza (
l' universo ) ; però significa che oltre ad essere una numericamente
, la sostanza é una qualitativamente : é un monismo qualitativo
strettamente connesso alla differenza che c'é tra la filosofia
bruniana e quella cusaniana : il rapporto Bruno - Cusano abbiamo
visto che in fin dei conti consiste in una presa da parte di Bruno
della filosofia cusaniana e nella estirpazione del concetto di
contrazione ( cosa che porta Bruno ad eliminare ogni differenza tra
Dio e il mondo ) , per cui ciò che Cusano poteva attribuire a Dio ,
Bruno può attribuirlo al mondo , che infatti si identifica con Dio ;
la definizione tipicamente cusaniana di coincidenza degli opposti che
attribuiva a Dio , Bruno la allarga all' intero mondo , il che
significa che tutta una serie di dualismi che nella tradizione
aristotelica era particolarmente forte , tende a sparire ; é quindi
un monismo anche nel dire che le coppie di aspetti opposti
caratteristici della realtà vengono superati . Il dualismo più
caratteristico era sempre stato quello materia - forma , che a sua
volta dava vita a quello potenza - atto ; sono proprio loro ad essere
superati : gli apparenti opposti non sono più tali e materia e forma
finiscono per essere la stessa cosa : vuol dire che in Bruno la
materia cessa di essere realtà inerte per diventare un qualcosa di
vivo e produttivo ; in Aristotele la materia era totalmente inerte e
per assumere aspetti e per muoversi doveva assumere la forma : la
materia era passiva , la forma attiva . In Bruno invece la materia
diventa attiva e le forme non sono cose che si aggiungono alla
materia per trasformarla ; le forme per Bruno emergono dalla materia
stessa ; ricorda vagamente i logoi spermatikoi degli stoici , con
questa differenza però : i logoi spermatikoi erano forme particolari
che di volta in volta emergevano dall' unica forma generale ( il
Logos ) ; per gli stoici é vero che esiste un' unica forma e un'
unica sostanza ( e quindi sono anche loro monisti quantitativamente )
, ma sotto l' aspetto dei dualismi sono fedeli ad Aristotele : c'é
materia e forma ; in Bruno invece non é così , non c'é più
differenza materia-forma : é la materia stessa che fa emergere le
forme perchè non é statica , ma é " viva " ( infatti é
Dio stesso ) : la materia é già forma di per sè perchè é vita ,
é sensibilità . Il mondo di Bruno é un mondo vivente e Bruno in
fin dei conti é un ilozoista ( ule , materia , + zoo , vivere , =
materia vivente ) : é ilozoista anche più dei presocratici , perchè
essi concettualmente non vedevano distinzioni tra vita e materia ,
ossia non erano ancora riusciti a distinguere effettivamente e due
cose . L' idea di attribuire vita alla materia é quindi tipicamente
bruniana . La materia é viva e divina ; Bruno si richiama ad un
pensatore minore del Medioevo , Davide di Dinantes , il quale fu
condannato dalla Chiesa perchè sosteneva l' identificazione tra Dio
e materia , tramite un ragionamento : se la materia é potenza ( con
la confusione di potenza come forza al posto di potenza come poter
essere , come di fatto intendeva Aristotele ) allora essa é Dio
stesso , che per definizione é potenza ( la prima persona della
Trinità é infatti la Potenza ) . Anche potenza e atto in Bruno
finiscono per essere lo stesso : la potenza diventa lei stessa capace
di creare l' atto ( come la materia si dà la forma ) : Dio é la
materia e la materia é Dio . Questa idea della materia viva e divina
fa tra l' altro cadere la distinzione tipicamente aristotelica tra
motore e mobile : per Aristotele tutto ciò che si muove deve per
forza essere mosso da altro ( omne movens ab alio movetur ) perchè
la materia é pura passività ; con Bruno invece la materia diventa
viva e quindi i motori non sono estrinseci , ma intrinseci : ogni
corpo é mosso dal principio intrinseco " che é l' anima
propria " . Che l' universo non abbia un estrinseco motore
risulta dalla considerazione che esso é infinito ; quindi il moto
compete solo alle sue parti , cioè ai singoli astri , ma non al
tutto , che é immobile : l' universo , che guardato dal punto di
vista dei particolari infiniti esseri che lo compongono é sede del
movimento e del divenire , in sè invece é unico , immobile ; una
cosa per essere in moto si deve spostare da un punto A ad uno B , ma
l' universo nel suo insieme non potrà muoversi perchè non ha luogo
in cui trasferirsi in quanto é già lui l' insieme di tutti i luoghi
; esso accoglie , nella sua identità impassibile e immutevole , i
contrasti e le vicende degli esseri : il mondo non ha divenire , ma
le cose divengono nel mondo . Viene quindi a mancare ogni ragione di
porre un motore unico nel mondo . E' questa un' innovazione
importantissima sul piano metafisico perchè in questo modo viene
tolto a Dio , il tradizionale motore immobile dell' aristotelismo ,
il compito di imprimere dall' alto e dall' esterno il movimento al
mondo e viene invece l' idea della divinità a trasformarsi in un
principio intrinseco e immanente dell' animazione cosmica . Tra l'
altro il riconoscere che Dio e il mondo sono lo stesso e che la
materia e la forma , in un certo senso , sono lo stesso , implica
anche il superamento del dualismo libertà - necessità : assumono
per Bruno come per gli stoici lo stesso significato ; in Bruno c'é
l' idea che ciò che l' uomo deve fare é riconoscere la sua
appartenenza al tutto . E' particolarmente evidente questo in una
filosofia come quella di Bruno : esistiamo come aspetto di un' unica
sostanza e l' errore clamoroso che può commettere l' uomo é di
credere di esistere come realtà staccata e indipendente dalle altre
: si deve cercare di concepirsi come parte del tutto , o meglio ,
come manifestazione del tutto . E' un modo particolare per realizzare
quella cosa che da Platone in poi é stata definita la "
omoiosis theo " che significa " diventare simile a Dio "
, assimilarsi a Dio : é il tentativo dell' uomo di diventare un Dio
; per Bruno l' uomo , come ogni altro ente , é già Dio ( perchè
manifestazione dell' unica sostanza che é proprio Dio ) , deve solo
riconoscerlo : diventare Dio non é altro che riconoscere di essere
Dio per Bruno . Come per gli stoici , si deve riconoscere ciò che
già si é : Nietzsche diceva " come si diventa ciò che si é "
e ciò che insegna Bruno é proprio questo : basta sapere ciò che si
é . C'é un ultimo dualismo importantissimo che viene da Bruno
superato : si tratta del dualismo mondo celeste - mondo sublunare ,
mondi che per Aristotele erano in netta contrapposizione . Questo
dualismo Bruno lo nega , Copernico lo afferma : questo , tra l' altro
, spiega come la filosofia tenda sempre ad arrivare prima della
scienza : fino al 1800 la teoria atomistica , per esempio , non era
scientifica , ma era già stata elaborata in termini metafisici da
Democrito e da Epicuro ; l' infinità dell' universo é stata prima
pensata da Bruno , che é un filosofo , e poi riconosciuta
scientificamente ( ed oggigiorno é stata messa in dubbio ) . Un'
immagine che ben spiega l' infinitezza dell' universo e la sensazione
di finitezza che tuttavia ne deriva é quella della foresta , di cui
Bruno si avvale nel De immenso : se mi trovo in una foresta immensa (
diciamo pure infinita ) in qualunque luogo io mi trovi ho l'
impressione di essere al centro , perchè nell' infinito il centro é
dappertutto . Al parziale superamento scientifico del dualismo mondo sblunare-mondo celeste si arriverà dopo qualche
decennio , Bruno ci é arrivato in senso metafisico , con la
coincidenza degli opposti . Dire che ci sono due materie radicalmente
diverse che compongono l' una il mondo terrestre e l' altra quello
celeste , vuol dire che esiste una materia corruttibile e una materia
incorruttibile ; per Aristotele poi le stelle erano attaccate al
cielo delle stelle fisse . Bruno nega i dualismi e l'intero universo
é fatto dalla stessa materia , da Dio . E' poi interessante notare
il fatto che Bruno recuperi oltre a Parmenide anche Eraclito , perchè
vede la materia come un continuo divenire , in continuo moto . L'
immagine della foresta poi va vista come duplice dimostrazione : in
primis dimostra la non certezza dei punti di riferimento ; poi fa
capire che pure l' idea del cielo delle stelle fisse é un' illusione
ottica : ci pare che oltre il cielo delle stelle fisse non ci sia più
niente , ma in realtà il mondo continua all' infinito ; proprio come
nell' immensa foresta ci sembra sempre di essere al centro e in una
realtà finita perchè all' orizzonte per via di un' illusione ottica
ci sembra che gli alberi finiscano , ma in realtà continuano ; in
questo modo la " molesta turba del Sofista potrà ritenere che
ciò che é espresso dai sensi sia la verità " , ossia penserà
che l' universo sia finito facendo lo stesso ragionamento di quando
ci si trova in un' immensa foresta : si pensa sempre di essere al
centro . Allo stesso modo se noi fossimo su un altro pianeta ci
sembrerebbe di essere al centro dell' universo . Il mondo di Bruno é
assolutamente omogeneo nella sostanza e le stelle stesse non sono
collocate tutte alla stessa distanza , ma in profondità : nella
foresta infinita , guardando all' orizzonte , ci sembrerà che tutti
gli alberi siano allineati sul fondo e non disposti in profondità ;
la stessa cosa vale per le stelle , che per lo stesso effetto ci
sembrano tutte allineate sullo stesso piano , ma che in realtà sono
disposte in profondità . Quelle che noi chiamiamo costellazioni
perdono allora di significato perchè ai nostri occhi risultano
stelle allineate , ma in realtà sono disposte in profondità le une
rispetto alle altre .
Giordano Bruno la vita e la condanna
Giordano
Bruno ( il suo vero nome era Filippo Bruno , ma
assunse quello di Giordano entrando nell' ordine domenicano ) , ebbe
una vita piuttosto movimentata : nato nel 1548 a Nola , presso Napoli
( dove studiò e ricevette una prima formazione di stampo
aristotelico ) , prese i voti , ma ben presto i suoi dubbi sulla
dottrina trinitaria e su quella dell' incarnazione lo misero in
contrasto con gli ambienti ecclesiastici . Allontanatosi da Napoli
nel 1576 , iniziò a peregrinare per l' Europa : prima a Ginevra ,
poi a Tolosa
e a Parigi ( ove godè il favore di Enrico III ) , dove ebbe inizio
la sua produzione filosofica ; quindi in Inghilterra ( ove fu anche
accolto dalla regina Elisabetta ) , dove insegnò a Oxford e in
questo periodo eseguì la stesura dei dialoghi italiani e di alcune opere latine
. Ritornato a Parigi , nuovi contrasti con gli
ambienti universitari legati alla tradizione aristotelica lo
costrinsero a trasferirsi in Germania , dove insegnò a Marburgo ,
Wittemberg e Francoforte e completò le opere latine . Accettata
infine l' ospitalità del nobile veneziano Giovanni Mocenigo , nel
1592 fu da questi denunciato all' Inquisizione e fatto arrestare per
i suoi dubbi sulla funzione della religione e i sospetti di
eterodossia gravanti sulle sue dottrine . In un primo tempo riuscì
ad evitare la condanna con una parziale ritrattazione , ma nel 1593
fu trasferito all' Inquisizione di Roma e , dopo sette anni di
carcerazione , fu condannato a bruciare sul rogo a Campo dei Fiori (
Roma ) il 17 febbraio del 1600 : l' imputazione mossagli fu di
dubitare della trinità , della divinità di Cristo e della
transustanziazione , di voler sostituire alle religioni particolari
la religione della ragione come religione unica e universale e di
affermare che il mondo é eterno e che vi sono infiniti mondi .
Giordano
Bruno é uno di quei pensatori diventati famosi per
via di vicende in parte estranee alla loro filosofia ; é uno di
quelli che ha avuto vicende " disgraziate " , é un martire
del pensiero , un po’ come Socrate : fu infatti processato dalla
Chiesa cattolica e infine condannato a bruciare sul rogo . Giordano
Bruno fu di carattere particolarmente irrequieto e ,
come detto , fin dall' inizio non si sentì convinto da alcune verità
dogmatiche della chiesa cattolica e finì per abbandonare i voti e
distaccarsi dalla chiesa cattolica . Durante le sue peregrinazioni
arrivò a simpatizzare per la causa calvinista per ovvi motivi : gli
sembrò essere una protesta ai danni della chiesa cattolica nella sua
dimensione istituzionale ; del calvinismo colse quindi soprattutto il
messaggio " liberatore " . Comunque poi abbandonò questa
simpatia per il calvinismo e , paradossalmente , tornò indietro sui
suoi passi accettando alcuni valori della dottrina cattolica . Da
notare che il suo processo é durato diversi anni , il che testimonia
che l' inquisizione romana non era poi così efferata e malvagia come
si può pensare , a differenza di quella spagnola . Dove e quando
potevano i giudici della chiesa romana cercavano delle vie di
compromesso : c' era una " buona volontà " nella chiesa
cattolica che trovava qualche appiglio nelle posizioni di Giordano
Bruno : fu lui che non ebbe alcuna intenzione di rinunciare ai
principi di fondo della sua " dottrina " e quando si trovò
al momento della decisione finale preferì morire ma mantenere le sue
posizioni . Ci doveva pur essere qualcosa che poteva dare adito a un
confronto e a un dialogo con la chiesa cattolica se ci misero quasi
otto anni a ucciderlo : la parziale accettazione del cattolicesimo ,
sulla base essenzialmente di posizioni averroistiche : anche con la
fede si può raggiungere la verità , sebbene si tratti di una verità
di second' ordine rispetto a qella filosofica , una verità insomma
destinata alla massa , al volgo . Giordano Bruno , comunque , era
convinto che le religioni potevano essere buon strumento per far
acquisire alla " massa " alcune verità , magari meno
precise e più discutibili , e soprattutto potevano essere strumento
di controllo delle masse ; é evidente che Giordano Bruno rientra
pienamente nell' aristocraticismo intellettuale propugnato da Averroè
. E' ovvio che questo per i giudici dell' inquisizione non bastava
per salvarlo , ma in fin dei conti poteva essere un buon punto di
partenza per una sorta di trattativa . Dovendo poi scegliere tra le
religioni , quella che maggiormante si confaceva alle istanze di
Giordano Bruno era il cattolicesimo e non certo il calvinismo , per
vari motivi : innanzitutto quella di Calvino era essenzialmente una
protesta e non solo intellettuale ( come voleva Giordano Bruno ) , ma
anche " fisica " : il calvinismo divenne vero e proprio
strumento di guerra e di disordine e é quindi comprensibile che
Giordano Bruno preferisse il cattolicesimo , che se non altro si
prefigurava come strumento di pace . In più Giordano Bruno non
poteva accettare l' idea della predestinazione tipica del calvinismo
: principio ispiratore della filosofia di Bruno é proprio la libertà
e l' idea di essere predestinati dall' eternità non lasciava a essa
grande spazio . Fatte queste premesse , é ovvio comunque che la
Chiesa si comportò con Bruno ( e con molti altri ) in modo subdolo e
riprovevole , condannando a morte una persona solo perchè
sostenitrice di idee diverse ; qualunque cattolico non può non
riconoscere la meschinità di questa condanna , di questo gesto che
ben sintetizza l' atteggiamento della Chiesa nel corso della storia ;
altri fulgidi esempi di questo scempio cattolico sono il Savonarola e
il pugliese Cesare Vanini , in un certo senso precursore dell'
illuminismo . Ben diverso é poi l' esito del processo di Bruno
rispetto a quello di Galilei : Bruno é condannato , Galileo abiura ,
ossia firma un documento
dove c'é scritto che le sue teorie sono false e viene così salvato
. Galileo é stato più volte criticato perchè pur di salvare la
pelle ha fatto per così dire " marcia indietro " ,
rinunciando alle sue teorie . In realtà c'é una questione di fondo
: la diversità degli atteggiamenti di questi due intellettuali ,
Giordano Bruno e Galilei , nasce non solo da diversità caratteriali
, ma anche dagli ambiti di interesse dei due . Galilei é uno
scienziato più che un filosofo : questo é significativo perchè la
filosofia può aver bisogno di martiri perchè in qualche modo é una
verità soggettiva , che va vissuta , non é un fatto meramente
teoretico ; non é la verità matematica , inconfutabile e solida :
detto in altri termini , di Galilei ci ricordiamo malgrado la sua
figura , ma Bruno , se avesse abiurato , avrebbe senz' altro avuto
meno importanza nella storia del pensiero . Non a caso questi
personaggi " martiri " come Socrate , Anassagora sono tutti
personaggi per i quali la testimonianza che hanno dato diventa un
elemento della loro filosofia : Socrate aveva ben ragione a suo tempo
a dire di non poter fare " marcia indietro " perchè
sarebbe stato come negare tutto ciò che per una vita intera aveva
sostenuto . Invece ha ugualmente ragione Galilei a dire il contrario
, tant' é che si racconta che uscito dal tribunale dove aveva
firmato il documento di abiura scalciasse contro la terra
dicendo : " eppur si muove ! " , che é come dire : "
io ho firmato il documento , sono salvo e posso proseguire i miei
studi , però la verità da me sostenuta continua ad essere vera : la
Terra continua a muoversi anche se io ho effettuato questa scelta ! "
. In un certo senso Galilei ha fatto bene ad agire così perchè
tanto le sue verità sono emerse nonostante la condanna e inoltre ,
dopo il documento di abiura , ha scoperto nuove verità che non
avrebbe potuto scoprire se messo sul rogo . Questo non sarebbe certo
stato valido per Socrate o per Bruno ; egli é diventato simbolo
della libertà di pensiero , un simbolo strano si dovrebbe aggiungere
, in quanto c'é spesso stato chi di lui ha fatto un eroe laico , il
che é vero fino ad un certo punto : é vero che é andato contro
alla chiesa cattolica , però poi il contenuto della sua filosofia é
tutto fuorchè laico . In modo simile a Socrate , Bruno preferì
terminare la propria esistenza in modo eroico e coerente piuttosto
che rinnegare i suoi ideali e condurre una vita che avrebbe perso di
significato : "Ho lottato, é molto: credetti poter vincere ( ma
alle membra venne negata la forza dell'animo ), e la sorte e la
natura repressero lo studio e gli sforzi. E' già qualcosa l'essersi
cimentati; giacchè vincere vedo che é nelle mani del fato. Per quel
che mi riguarda ho fatto il possibile, che nessuna delle generazioni
venture mi negherà; quel che un vincitore poteva metterci di suo:
non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun
simile, aver preferito una morte animosa a un'imbelle vita . " (
De monade, numero et figura ) .
Libero Pensiero ed Esoterismo
Non esiste, ne può esistere,
contraddizione tra il "libero pensiero" e le grandi
intuizioni espresse con il linguaggio -talvolta ermetico- del
simbolo. Che anzi proprio in ciò è il vertice e la sintesi di tutto
il sincretismo filosofico della Libera Muratoria. Ed ogni
ricerca è da noi affrontata e svolta impegnando il metodo esoterico,
l'unico capace di creare luce e calore nell'intimità più profonda
della coscienza.
D'altra parte, in coerenza al suo
principio di universalità, la dottrina massonica, per il fatto
stesso di concepire l'Istituzione come una fraternità composta di
uomini liberi ed uguali, porta tori di ogni convinzione e di ogni
fede, senza prevenzioni e diffidenze, ha sempre affermato il valore
trascendente del pensiero umano. La libera e spontanea
elaborazione del pensiero, infatti, pur criticando e rielaborando
senza sosta le sue stesse ideazioni, non può cadere mai in errore,
essendo alla continua ricerca del vero. Se tale è la via della
ricerca, la spontaneità e l'originalità del pensiero potrà portare
da una verità ad un'altra che diviene, a sua volta, oggetto di
rielaborazione e quindi di superamento da parte di un'altra verità,
appunto, superiore.
Da ciò l'esigenza di comprendere ed
esaminare tutte le verità elaborate dal pensiero, ripensandole
criticamente. Da ciò deriva ancora un'altra esigenza: quella della
assoluta e illimitata libertà di esercizio del pensiero, svincolato
dalla imposizione di dogmi e preconcetti propri o, peggio,
altrui. Nessuno può quindi ritenersi depositario della "verità"
nè potrà comunicarla ad altri con precetti o formule. La verità
eterna, simboleggiata nel Tempio dal "Triangolo sacro" o
"Delta", si rivela all'uomo soltanto nell'intimo della sua
coscienza come "Luce" del suo "libero pensiero" e
costituirà guida nel cammino da percorrere nello spazio ideale
delimitato dai tre vertici del triangolo che simboleggiano la
Libertà, l’Uguaglianza e la Fraternità.
Il simbolo che ho richiamato ora nella
sua immediatezza visiva e che possiede una grande ricchezza di
contenuti esoterici, potrà essere oggetto di meditazione e di studio
come esercizio delle proprie capacità speculative. Sappiamo
anche che le verità più alte presentano difficoltà di comprensione
e, talvolta, aspetti contraddittori per cui il pensiero umano è
costretto a battute di arresto; l'intelletto che le ha formulate non
riesce ad eliminare o a. superare tali difficoltà.
Ma sappiamo anche che, a fronte di tali
situazioni di difficoltà, per giungere ad ulteriori traguardi,
diviene necessario ed utile applicare quella "logica"
particolare che è detta appunto "dialettica". Le sue
regole, osservate da sempre dai Liberi Muratori, sono formulate in
maniera chiara nei testi, anche elementari, di filosofia e sono per
se stesse facilmente comprensibili.
Tuttavia la loro padronanza ed il loro
uso richiedono uno studio assiduo e lungo esercizio sotto la guida di
Maestri. Perchè tali regole servono a poco e possono
addirittura indurre in errore se non se ne abbia sicura conoscenza al
punto da farne vera e propria arte. E’ questa un'arte che i
Maestri trasmettono gradualmente agli "iniziati". E le
"colonne" che sorgono all'interno della porta di ogni
Tempio massonico hanno simbolizzato e rammentato ai Fratelli, dal
momento della loro iniziazione, il concetto fondamentale che la
verità è la sintesi dialettica di una tesi e di un'antitesi,
astratta ed opposta.
Questa verità, comunque, non può
essere raggiunta senza avere prima chiarito e spianato, con assoluto
amore del "vero" e del "bene", ogni possibile
contraddizione. Con ciò si presuppone, evidentemente, il preventivo
abbandono di ogni diffidenza verso l'altrui pensiero e di ogni
indulgenza verso i propri pregiudizi. La Luce massonica è
quindi. non solo coerenza logica ma anche sintesi dialettica; e da
tante radici il libero pensiero trae nutri mento per alimentare
l’albero eterno della sapienza., non solo nei suoi rami ma anche
nel suo stesso tronco, nella sua intima essenza.
E' così che ogni accrescimento della
propria conoscenza diviene stimolo e nutrimento della volontà di
progredire, ed ogni verità acquisita diviene, a sua volta,
irresistibile spinta verso ulteriori esperienze. Giorno per
giorno, momento per momento, si forma e cresce nella coscienza di
ognuno di noi quella saggezza massonica che trova alimento nel
pensiero e nell'azione individuale, oltre che nell'assimilazione
dell'insegnamento dei Grandi Iniziati, ma -soprattutto- nella ricerca
massonica costituita dall'"esoterismo", unico possibile
strumento di indagine per il raggiungimento della verità. E' un
lavoro che, alla fine, diviene "saggezza". Saggezza
che nessuno può insegnare ma che ognuno può e deve apprendere da
sè, per amore profondo della verità e col solo aiuto
dell'esperienza personale e fraterna.
Al termine "esoterico"
vengono spesso attribuiti significati impropri, talvolta collegati a
concezioni primitive di veggenza mistica o di magia, dimenticando
l'etimologia stessa della parola ed il suo significato, appunto,
etimologico. Esoterico significa: "interiore". Ed
esoterica è dunque quella indagine che impone di cercare la verità
unicamente nella profonda intimità della propria coscienza. Tale
ineguagliabile strumento non ha nulla di trascendentale nè di
misterioso.
Eppure le sue possibilità operative
sono immense perché fondate sul principio "nosce te ipsum"
che consiste, come già detto, nel fare scaturire la verità dalla
profonda, insopprimibile intimità della coscienza. Esoterismo
allora altro non è se non il metodo di indagine di cui possono
disporre i Liberi Muratori e che essi utilizzano sistematicamente
nella loro ricerca incessante sui problemi fonda mentali ed
universali della vita, nel rigoroso ed assoluto rispetto del pensiero
altrui sforzandosi di comprenderlo razionalmente e di superarlo.
Per questa via il Libero Muratore
giunge a superare anche il suo preesistente pensiero e a realizzare
una nuova e più ampia sintesi che, a sua volta, comprende e supera
il pensiero proprio e quello altrui. E' così che Egli non si limita
solo ad arricchire le proprie conoscenze ma fornisce anche stimoli e
orientamenti per la propria condotta. Nel passato, la
"maieutica" di Socrate, i "Colloqui" di Platone e
dei Peripatetici di Atene e tutti i lavori delle Scuole iniziatiche
d'Oriente e dell'Occidente, erano applicazioni della ricerca
esoterica, fissate in parole è "simboli" precisi,
nell'osservanza di una legge assoluta: l'esigenza della ragione e
quella della volontà.
Ma perché, ancora, il "simbolo".
Perché esso racchiude e sintetizza la
storia di tutta una infinita serie di generazioni e di tutte le loro
esperienze umane attraverso secoli e millenni; perché esso (come il
cosiddetto "quaternario degli elementi": -terra, acqua,
aria, fuoco-) simboleggia i passi compiuti dal pensiero umano per
ordinare il mondo caotico delle sue sensazioni ed intuizioni
sistemandole in un quadro concettualmente logico; perché esso
traduce concetti e precetti talvolta contenuti in leggende o altre
testimonianze del passato, in una forma che richiama subito alla
mente, ed in modo completo, l'intero contenuto del loro complesso
significato.
Il simbolo, interpretato
esotericamente, possiede la capacità intrinseca di sprigionare
illimitata energia spirituale; ha la forza di fare emergere dal
profondo impulsi emozionali di portata sociale e culturale; ha il
potere di sprigionare quella "Luce" che si accende nel
Tempio e che si propaga filtrata all’esterno con la sua capacità
di tradurre la "verità" in "bellezza".
La Tavola di Smeraldo
La Tavola di Smeraldo è stata tradotta
dall'arabo in latino nel 1250. I Precetti furono trovati, prima
dell'era cristiana, in una tomba egizia, iscritti su una tavola di
smeraldo.
Testo
Scrisse Eliphas Levi che essa contiene
" l'unità dell'essere e l'unità delle armonie, sia ascendenti
che discendenti, scala progressiva e proporzionale del Verbo; la
legge immutabile dell'equilibrio e il progresso proporzionale delle
analogie universali..." Questo è vero senza menzogna, certo e
verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò
che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della
cosa una. E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la
mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica
per adattamento.Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento
l'ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il padre di
ogni telesma, di tutto il mondo è qui. La sua forza è intera se
essa è convertita in terraSeparerai la Terra dal Fuoco, il sottile
dallo spesso dolcemente e con grande industria Egli sale dalla Terra
al Cielo e nuovamente discende in Terra e riceve la forza delle cose
superiori e inferiori Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il
mondo e per mezzo di ciò l'oscurità fuggirà da te È la forza
forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà
ogni cosa solidaCosì è stato creato il mondo Da ciò saranno e
deriveranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui È perciò
che sono stato chiamato Ermete Trimegisto, possedendo le tre parti della Filosofia
del mondo intero
Ciò che ho detto dell'operazione del
Sole è compiuto e terminato.
Smeragdina Hermetis Tabula
Versione latina
Quod est inferius est sicut quod est superius, et quod est superius est sicut quod est inferius ad perpetranda miracola Rei Unius. Et sicut omnes res fuerunt Uno, meditatione Unius: sic omnes res natae fuerunt ab hac Una re adaptatione. Pater eius est Sol, mater eius Luna. Portavit illud ventus in ventre suo. Nutrix eius terra est. Pater omnis telesmi totius mundi est hic. Vis eius integra est, si versa fuerit in terram. Separabis terram ab igne, subtile a spisso, suaviter cum magno ingenio. Ascendit a terra in coelum, iterumque descendit in terram, et recipit vim superiorum et inferiorum. Sic habes gloriam totius mundi. Ideo fugiet a te omnis obscuritas. Hic est totius fortitudinis fortitudo fortis, quia vincet omnem rem subtilem; omnemque solidam penetrabit: SIC MUNDUS CREATUS EST. Hinc erunt adaptationes mirabiles, quarum modus hic est. Itaque vocatus sum Hermes Trismegistus, habens tres partes philosophiae totius mundi. Completum est quod dixi de operatione solis.
Quod est inferius est sicut quod est superius, et quod est superius est sicut quod est inferius ad perpetranda miracola Rei Unius. Et sicut omnes res fuerunt Uno, meditatione Unius: sic omnes res natae fuerunt ab hac Una re adaptatione. Pater eius est Sol, mater eius Luna. Portavit illud ventus in ventre suo. Nutrix eius terra est. Pater omnis telesmi totius mundi est hic. Vis eius integra est, si versa fuerit in terram. Separabis terram ab igne, subtile a spisso, suaviter cum magno ingenio. Ascendit a terra in coelum, iterumque descendit in terram, et recipit vim superiorum et inferiorum. Sic habes gloriam totius mundi. Ideo fugiet a te omnis obscuritas. Hic est totius fortitudinis fortitudo fortis, quia vincet omnem rem subtilem; omnemque solidam penetrabit: SIC MUNDUS CREATUS EST. Hinc erunt adaptationes mirabiles, quarum modus hic est. Itaque vocatus sum Hermes Trismegistus, habens tres partes philosophiae totius mundi. Completum est quod dixi de operatione solis.
Chi era Ermete Trimegisto
"La conoscenza universale può
essere rivelata solo ai nostri fratelli che hanno affrontato le
nostre stesse prove. La verità va dosata a misura dell’intelletto,
dissimulata ai deboli, che renderebbe pazzi, nascosta ai malvagi, che
solo potrebbero afferrarne qualche frammento di cui farebbero arma
letale. Racchiudila nel tuo cuore, e che essa parli attraverso le tue
opere. La scienza sarà la tua forza; la fede la tua spada; e il
silenzio la tua corazza impenetrabile."
Ermete Trimegisto (tre volte Grande) è
una figura mitica nata dall’identificazione del greco Hermes (che
diverrà poi Mercurio) con il più antico Ermete Thoth, il
"misterioso e primigenio iniziatore dell’Egitto alle sacre
dottrine".
Fu anche indicato quale patriarca indiscusso della Scienza Alchemica.
Ermete è dunque un nome che ritorna più volte nella tradizione filosofico-spirituale della nostra cultura, trattandosi di qualcuno che "presiede alla regione ultraterrena dell’iniziazione celeste", quell’iniziazione cui numerosi eletti si sono avviati alla ricerca del loro vero Sè.
Possiamo oggi riconoscerlo, ed è in questi termini che qui lo incontriamo, quale archetipo dell’evento mistico stesso: Ermete come colui che ha più volte incarnato, in tempi differenti, l’incontro-rivelazione tra umano e divino, lasciandone intuire l’originaria ed essenziale consustanzialità.
Se è vero che c’è un filo invisibile che unisce le varie manifestazioni dello spirito nel corso dei millenni, per quanto esse permangano per lo più misteriose, Ermete è "il talismano che le riassume, il suono magico che le evoca".
Non è casuale il riferimento originario all’antico Egitto, culla della più antica e per molti versi ancor oggi misteriosa conoscenza esoterica, che ha raccolto le rivelazioni di quella sapienza profonda e segreta tramandata solo tra iniziati, che confluì nella più tarda dottrina che fu detta "ermetica".
Potrebbe allora risultare particolarmente significativa un’ipotesi etimologica che collega Ermete al copto "Ermeth" che significa "Essere Vero" (da "Er" essere e "Meth" verità).
Già nella tradizione religiosa dell’antico Egitto si fa riferimento a differenti personaggi chiamati Ermete.
Il primo fu "innanzi a tutte le cose", comprese egli solo la natura del Demiurgo e depose tale conoscenza in scritti che furono a lungo tenuti celati. Cooperò alla creazione dei corpi da congiungere alle anime, aggiungendovi tra l’altro l’amore del vero.
"Comunicò la scienza a Camefi, avo di Iside e Osiride ed a questi concesse di penetrare negli arcani suoi scritti, parte dei quali serbarono per sè, parte scolpirono su colonne, come regola alla vita degli uomini.
Quelle prime scritture furono poi tradotte in lingua comune dal secondo Ermete, inventore della scrittura, della grammatica, dell’astronomia, della geometria, della medicina, della musica, dell’aritmetica, della religione e di tutte le arti".
La tradizione gnostica accenna più esplicitamente al significato del termine Trimegisto nel senso di "tre volte incarnato".
Si tratterebbe cioè della triplice incarnazione in Egitto del medesimo personaggio, Ermete, che sempre visse filosoficamente, dedito alla conoscenza, il quale nel corso della sua terza vita, grazie ai meriti accumulati nelle due precedenti, si "ricordò di se stesso" o meglio "riconobbe se stesso". Accadde cioè che, mediante "un atto straordinario e illuminatore di reminiscenza che gli rivelò la sua identità e la sua origine trascendenti", Ermete riprese coscienza e possesso del suo autentico "io", e contemporaneamente "seppe" con certezza che sarebbe tornato al mondo superiore da cui era venuto, "al luogo intellegibile in cui si trovava primitivamente".
Poco importa a questo punto sapere a quale epoca storica precisamente risalgano i numerosi scritti attribuiti ad Ermete Trimegisto, tutti rinvenuti in lingua greca: certo è ch’essi sono accomunati da un pensiero che attinge ad un’esperienza mistico-spirituale.
Nei suoi discorsi ad Asclepio, suo discepolo, Ermete parla di Dio come inconoscibile, invisibile, incorporeo; tuttavia "egli può, in verità, concedere a qualche eletto la facoltà di innalzarsi al di sopra delle cose naturali, così da percepire un barlume della sua somma perfezione".
Afferma quindi essere la "percezione spirituale" la base di ogni conoscenza esoterica.
Il mondo antico affidava questa esperienza al rito iniziatico, cui erano ammessi gli adepti che se ne mostravano degni: essi dovevano sottoporsi a prove che ne sondavano le attitudini fisiche, morali ed intellettuali.
L’iniziazione coinvolgeva l’individuo in tutta la sua interezza, risvegliava le sensibilità sopite dell’anima inducendo l’adepto a mettersi in contatto cosciente con le forze occulte dell’universo, ri-conoscendo la propria vera natura attraverso la percezione spirituale diretta.
Ermete era figura guida in questo percorso iniziatico: ne troviamo testimonianza diretta nella "Visione di Ermete", scritto attribuito ad Ermete Trimegisto e giunto fino a noi col titolo "Il Pimandro, ossia l’intelligenza suprema che si rivela e parla".
Vi si narra di come un giorno, mentre era in meditazione, ad Ermete comparve un essere immenso che si presentò a lui dicendo:
"Io sono Pimandro, l’Intelligenza suprema" e subito egli ebbe una visione prodigiosa del Tutto.
"Ascolta: quello che in te vede e intende è il Verbo, la parola di Dio; l’intelligenza è il Dio Padre. Essi non sono separati poichè l’unione è la loro vita." E ancora: "Comprendi dunque la luce e conoscila".
"A queste parole - prosegue Ermete - egli mi fissò a lungo ed io tremai nel guardarlo. E ad un cenno di lui vidi nel mio pensiero la luce e le sue potenze innumerevoli, il mondo infinito prodursi e il fuoco, mantenuto da una forza immensa, arrivare al suo equilibrio. Ecco quel che compresi guardando attraverso la parola di Pimandro".
Questa esperienza fu all’origine della conoscenza di Ermete, che egli testimoniò, sicchè di lui fu detto:
"Ermete vide la totalità delle cose e, vistala, comprese; e con la comprensione acquisì la forza di testimoniare e rivelare. Mise per iscritto il suo pensiero e occultò gran parte dei suoi scritti, a volte saggiamente tacendo, a volte parlando, così che in avvenire il mondo continuasse a cercare queste cose. E, comandato agli dei suoi fratelli di fargli da corteo, ascese alle stelle".
Fu anche indicato quale patriarca indiscusso della Scienza Alchemica.
Ermete è dunque un nome che ritorna più volte nella tradizione filosofico-spirituale della nostra cultura, trattandosi di qualcuno che "presiede alla regione ultraterrena dell’iniziazione celeste", quell’iniziazione cui numerosi eletti si sono avviati alla ricerca del loro vero Sè.
Possiamo oggi riconoscerlo, ed è in questi termini che qui lo incontriamo, quale archetipo dell’evento mistico stesso: Ermete come colui che ha più volte incarnato, in tempi differenti, l’incontro-rivelazione tra umano e divino, lasciandone intuire l’originaria ed essenziale consustanzialità.
Se è vero che c’è un filo invisibile che unisce le varie manifestazioni dello spirito nel corso dei millenni, per quanto esse permangano per lo più misteriose, Ermete è "il talismano che le riassume, il suono magico che le evoca".
Non è casuale il riferimento originario all’antico Egitto, culla della più antica e per molti versi ancor oggi misteriosa conoscenza esoterica, che ha raccolto le rivelazioni di quella sapienza profonda e segreta tramandata solo tra iniziati, che confluì nella più tarda dottrina che fu detta "ermetica".
Potrebbe allora risultare particolarmente significativa un’ipotesi etimologica che collega Ermete al copto "Ermeth" che significa "Essere Vero" (da "Er" essere e "Meth" verità).
Già nella tradizione religiosa dell’antico Egitto si fa riferimento a differenti personaggi chiamati Ermete.
Il primo fu "innanzi a tutte le cose", comprese egli solo la natura del Demiurgo e depose tale conoscenza in scritti che furono a lungo tenuti celati. Cooperò alla creazione dei corpi da congiungere alle anime, aggiungendovi tra l’altro l’amore del vero.
"Comunicò la scienza a Camefi, avo di Iside e Osiride ed a questi concesse di penetrare negli arcani suoi scritti, parte dei quali serbarono per sè, parte scolpirono su colonne, come regola alla vita degli uomini.
Quelle prime scritture furono poi tradotte in lingua comune dal secondo Ermete, inventore della scrittura, della grammatica, dell’astronomia, della geometria, della medicina, della musica, dell’aritmetica, della religione e di tutte le arti".
La tradizione gnostica accenna più esplicitamente al significato del termine Trimegisto nel senso di "tre volte incarnato".
Si tratterebbe cioè della triplice incarnazione in Egitto del medesimo personaggio, Ermete, che sempre visse filosoficamente, dedito alla conoscenza, il quale nel corso della sua terza vita, grazie ai meriti accumulati nelle due precedenti, si "ricordò di se stesso" o meglio "riconobbe se stesso". Accadde cioè che, mediante "un atto straordinario e illuminatore di reminiscenza che gli rivelò la sua identità e la sua origine trascendenti", Ermete riprese coscienza e possesso del suo autentico "io", e contemporaneamente "seppe" con certezza che sarebbe tornato al mondo superiore da cui era venuto, "al luogo intellegibile in cui si trovava primitivamente".
Poco importa a questo punto sapere a quale epoca storica precisamente risalgano i numerosi scritti attribuiti ad Ermete Trimegisto, tutti rinvenuti in lingua greca: certo è ch’essi sono accomunati da un pensiero che attinge ad un’esperienza mistico-spirituale.
Nei suoi discorsi ad Asclepio, suo discepolo, Ermete parla di Dio come inconoscibile, invisibile, incorporeo; tuttavia "egli può, in verità, concedere a qualche eletto la facoltà di innalzarsi al di sopra delle cose naturali, così da percepire un barlume della sua somma perfezione".
Afferma quindi essere la "percezione spirituale" la base di ogni conoscenza esoterica.
Il mondo antico affidava questa esperienza al rito iniziatico, cui erano ammessi gli adepti che se ne mostravano degni: essi dovevano sottoporsi a prove che ne sondavano le attitudini fisiche, morali ed intellettuali.
L’iniziazione coinvolgeva l’individuo in tutta la sua interezza, risvegliava le sensibilità sopite dell’anima inducendo l’adepto a mettersi in contatto cosciente con le forze occulte dell’universo, ri-conoscendo la propria vera natura attraverso la percezione spirituale diretta.
Ermete era figura guida in questo percorso iniziatico: ne troviamo testimonianza diretta nella "Visione di Ermete", scritto attribuito ad Ermete Trimegisto e giunto fino a noi col titolo "Il Pimandro, ossia l’intelligenza suprema che si rivela e parla".
Vi si narra di come un giorno, mentre era in meditazione, ad Ermete comparve un essere immenso che si presentò a lui dicendo:
"Io sono Pimandro, l’Intelligenza suprema" e subito egli ebbe una visione prodigiosa del Tutto.
"Ascolta: quello che in te vede e intende è il Verbo, la parola di Dio; l’intelligenza è il Dio Padre. Essi non sono separati poichè l’unione è la loro vita." E ancora: "Comprendi dunque la luce e conoscila".
"A queste parole - prosegue Ermete - egli mi fissò a lungo ed io tremai nel guardarlo. E ad un cenno di lui vidi nel mio pensiero la luce e le sue potenze innumerevoli, il mondo infinito prodursi e il fuoco, mantenuto da una forza immensa, arrivare al suo equilibrio. Ecco quel che compresi guardando attraverso la parola di Pimandro".
Questa esperienza fu all’origine della conoscenza di Ermete, che egli testimoniò, sicchè di lui fu detto:
"Ermete vide la totalità delle cose e, vistala, comprese; e con la comprensione acquisì la forza di testimoniare e rivelare. Mise per iscritto il suo pensiero e occultò gran parte dei suoi scritti, a volte saggiamente tacendo, a volte parlando, così che in avvenire il mondo continuasse a cercare queste cose. E, comandato agli dei suoi fratelli di fargli da corteo, ascese alle stelle".
Ermetismo
Termine che definisce una delle più
importanti dottrine iniziatiche, che si aprono al cospetto d'ogni
"ricercatore della Verità". L'Ermetismo noto come
"corrente mistica e filosofica", sorta nel tardo ellenismo
(II e III secolo dopo Cristo), basata su alcuni scritti antichi, in
buona parte attribuiti ad Ermete Trismegisto (Hermes Trismegistos),
un personaggio emblematico e misterioso, considerato dai filosofi
storici la personificazione della parola, o logos. L'intera cultura,
tradizione e teologia dell'antico Egitto sono impregnate dalla
saggezza di questa dottrina, adottata e diffusa poi in tutto il mondo
conosciuto alcuni millenni prima della nostra era. L'origine
dell'Ermetismo collocata a metà tra storia e leggenda, ed ha per
fondamento quella che ritenuta la più famosa tra le opere attribuite
proprio ad Ermete Trismegisto, ovvero la "Tavola di Smeraldo",
detta anche smeraldina o smaragdina . Lo stesso Ermete avrebbe inciso
queste lapidarie ed oscure frasi con una punta di diamante su una
lamina di smeraldo: "E' vero, senza menzogna, certo e verissimo:
ciò che in basso come ciò che in alto, e ciò che in alto come ciò
che in basso; con queste cose si fanno i miracoli di una cosa sola. E
come tutte le cose sono e provengono da Uno, per mediazione dell'Uno,
così tutte le cose sono nate per adattamento di questa cosa unica.
Il Sole ne il Padre, la Luna ne la Madre, il Vento l'ha portato nel
suo ventre. La Terra la sua nutrice ed il suo ricettacolo. Il Padre
di tutto, il Telesma del mondo universale, qui. La sua forza e
potenza integra, se viene convertita in Terra. Tu separerai la Terra
dal fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente e con grande cura.
Rimonta dalla Terra al Cielo, e ridiscende, e raccoglie le forze
delle cose superiori ed inferiori. Tu avrai con questo mezzo tutte le
glorie del mondo, ed ogni oscurità fuggir da te la forza, forte di
ogni forza, perché vincere ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa
solida. Così il mondo fu creato. Da cui usciranno adattamenti
mirabili, il cui mezzo si trova qui indicato per questo che io fui
chiamato Ermete Trismegisto, perché possiedo le tre parti della
filosofia universale. Ciò che ho detto dell'Opera del Sole perfetto
e completo". A quanti fossero interessati ad approfondire lo
studio di questo documento unico, si raccomanda la lettura
dell'appendice II alla Scala dei filosofi, la Scala
philosophorum, oppure dell'ancora più famosa opera
del Burckhardt. Opportuno rammentare comunque come questa sia
pervenuta a noi quale ultima pagina di un'opera composta d'una
cinquantina di fogli, risalenti al VI-VIII secolo dell'era volgare,
originariamente redatti in lingua araba ed introdotti in Europa
attraverso le invasioni islamiche. La Tavola era stata scritta in
lingua fenicia, poi tradotta successivamente in greco, siriaco
(dialetto aramaico orientale), arabo, latino, francese e, pi
recentemente, in italiano. Immaginabili le contaminazioni e
distorsioni introdottevi. Il suo mitico scopritore, il saggio
Apollonio di Tiana, pare fosse riuscito a penetrare in una cripta
posta proprio sotto la statua di Thoth-Ermete, trovandovi un
vegliardo, uno "cheikh", seduto su un trono d'oro. Egli
teneva in mano una "Tavoletta di Smeraldo", su cui era
scritto: "Ermetismo"
qui la formazione della natura". Davanti a lui v'era un libro,
su cui si leggeva: " qui il segreto della creazione degli
esseri, e la scienza delle cause di ogni cosa". In ogni caso, la
Dottrina Ermetica dice chiaramente che essa non parla per gli
ignoranti, ma solo per coloro che sanno, e quindi "coloro che
sanno", leggendo una qualsiasi versione della Tavola di
Smeraldo, sono potenzialmente in grado di recepire il giusto
messaggio, superando senza difficoltà gli errori che in essa possono
essere stati eventualmente introdotti. L'Ermetismo è stato, ed
tuttora, spesso confuso con la consequenziale Alchimia, altra scienza
occulta importata in Spagna con le invasioni arabe. Molti sono i
testi che confondono le due diverse filosofie, seppur esse siano
molto profondamente correlate. Nel Medioevo, e nel successivo
Rinascimento, l'Ermetismo stato considerato come la dottrina occulta
degli alchimisti: Questi infatti sostenevano che Ermete Trismegisto
fosse stato il padre dell'Alchimia a cui, proprio per questo, diedero
il nome di scienza ermetica. Essa identifica il complesso di
conoscenze, sia fisiche che spirituali, connesse con la ricerca della
Pietra Filosofale, catalizzatore indispensabile per la creazione
dell'Oro. Una allegoria mascherante il vero indirizzo della dottrina
ermetica, rivolta al solo piano mentale, non certo (come sembrerebbe,
come si credeva ed ancora si crede) a quello banalmente materiale.
L'illustrazione della dottrina deve mantenersi entro i confini
definiti dal "Kybalion", il nome attribuito fin dalla più
remota antichità alla raccolta degli insegnamenti di Ermete
Trismegisto. La difficile comprensione dell'unità dei principi
ermetici impone un'operazione preliminare in quanti intendono
penetrarne gli anfratti pi occulti. Si tratta di lavorare su se
stessi, per ampliare la propria coscienza, sviluppandola gradualmente
fino a conseguire l'indispensabile sensibilità spirituale, l'unica
vera chiave d'accesso ai Misteri dell'Ermetismo Recita il Kybalion:
"Allorché s'ode il passo del Maestro, s'aprono le orecchie di
quanti sono pronti a riceverne l'insegnamento". Ed ancora:
"Quando le orecchie dello studioso sono pronte per l'audizione,
vengono le labbra a riempirle di saggezza". Per cui, i contenuti
dei principi operativi esposti attireranno l'attenzione di coloro che
sono pronti a ricevere il messaggio, soltanto la loro, mentre
contemporaneamente, allorché il discepolo sarà pronto, il Kybalion
verrà a lui. Questa la legge fondamentale dell'Ermetismo, ed il
Kybalion dice dei suoi principi operativi "I principi della
Verità sono sette. Colui che ne ha conoscenza possiede la chiave
magica con cui si aprono le porte del Tempio". Essi sono. 1)
Mentalismo (Tutto ci che appare, e che i nostri sensi recepiscono,
"Spirito", che di per se inconoscibile ed indefinibile, ma
che va considerato come "Mente universale, infinita e vivente".
Tutto l'universo fenomenico, ogni sua parte compresa, non che la
semplice creazione mentale del Tutto, ed esiste nella mente del tutto
stesso, insieme a noi, viviamo, ci muoviamo ed operiamo. Questo
principio, fissando la natura mentale dell'intero universo, spiega da
solo ogni fenomeno mentale e psichico. La sua comprensione consente
all'uomo di afferrare le leggi dell'universo mentale, implicando
conseguentemente il far contribuire le stesse al suo benessere, al
suo progresso ed alla sua evoluzione. Esso rivela la reale natura
dell'energia, della forza e della materia, come pure perché e come
queste siano subordinate al magistero della mente. Lo studioso che si
trovi in possesso di questa importantissima chiave madre, può aprire
le porte del Tempio della conoscenza mentale e psichica, accedendovi
liberamente e coscientemente. In tempi remotissimi, un maestro
dell'ermetismo scrisse: "Colui che afferra la verità sulla
natura mentale dell'universo certo molto avanti sul sentiero della
sapienza". Corrispondenza (Il Kybalion recita: "Com'é al
di sopra, così al di sotto; com'é al di sotto, così al di sopra".
Trattasi di un principio ribadente la verità della corrispondenza
tra le leggi ed i fenomeni dei diversi piani dell'essere e della
vita. La sua comprensione chiarisce oscuri paradossi e segreti della
natura. Assurdo il solo pensare che l'uomo sappia tutto:
costituirebbe la conferma della sua perfezione. Farebbe di ogni
ricerca un assurdo. Raggiunta la vetta del monte, sempre l'uomo vede
altre cime davanti a se, a ricordargli le sue immense limitazioni.
Esistono quindi piani al di sopra d'ogni nostra conoscenza. Ma
allorché applichiamo loro questo principio, possiamo afferrare
conoscenze che, normalmente, ci sarebbero precluse. Il principio
della corrispondenza di applicazione universale, manifestazione sui
diversi piani della materia, della mente e dello spirito. Da sempre
l'ermetismo lo considera strumento mentale essenziale, per mezzo del
quale possiamo eliminare i veli che ostacolano la visione del mondo
del mistero. Come la conoscenza della geometria consente
all'astronomo la misura della distanza dei soli, delle galassie e dei
loro movimenti, così questo principio pone l'uomo in condizione di
usare la ragione sia nel noto che nell'ignoto. Esaminando a fondo
l'elemento reale minimo ed indivisibile, "monas", ovvero la
monade di Giordano Bruno, Leibniz e Kant, lo studioso può facilmente
arrivare a comprendere l'arcangelo); Vibrazione (Il Kybalion recita:
"Nulla in quiete, tutto si muove; ogni cosa vibra". Un
principio questo che trova conferma anche nelle conclusioni delle più
attuali ricerche scientifiche. Esso spiega come le differenze tra le
molteplici manifestazioni della materia, dell'energia, della mente e
dello spirito, non siano che una risultante dai diversi livelli di
vibrazione. Dal Tutto, che puro spirito, fino alle più grossolane
forme materiali, ogni cosa vibra. Quanto più elevata la frequenza di
vibrazione, tanto pi evoluta la posizione nella scala spirituale. La
vibrazione dello spirito tanto alta ed ampia da apparire in quiete,
proprio come la ruota che gira tanto rapidamente da sembrare ferma
all'osservatore. All'opposto estremo della scala troviamo le forme
grossolane di materia, le cui vibrazioni sono tanto basse da sembrare
a riposo. Corpuscoli microscopici ed elettroni, atomi e molecole,
mondi e galassie vicine e lontane, tutto in vibrazione. Così come
avviene sui piani d'energia e di forza, sui piani mentali e sui piani
spirituali. Attraverso la comprensione del principio della
vibrazione, lo studioso di ermetismo arriva a controllare le sue
proprie vibrazioni mentali, nonché quelle degli altri. I maestri lo
applicano per acquisire potere sui fenomeni naturali, a conferma
dell'antica citazione: "Colui che comprende il principio della
vibrazione possiede lo scettro della potenza"); Polarit (Il
Kybalion recita: "Tutto duale,; tutto ha poli; ogni cosa la sua
coppia di opposti. Il simile ed il diverso sono uguali; gli opposti
sono di natura identica, seppur differenti in grado. Gli estremi si
toccano; tutte le verità non sono che mezze verità, e tutti i
paradossi possono essere conciliati". Il principio ribadisce
l'esistenza d'una seconda facciata della stessa medaglia, dimostrando
come caldo e freddo, seppur opposti, siano in verità identici,
differenziandosi unicamente per il diverso grado. Nessun termometro
definisce i confini tra caldo e freddo. In entrambi i casi si tratta
solo di forma, di varietà, di livello di vibrazione. I fenomeni
correlati sono manifestazioni del principio della polarità, che
diventa evidente nel caso di "luce" ed "oscurità".
Quale differenza esiste tra grande e piccolo, tra duro e tenero, tra
nero e bianco, tra rumore e silenzio, tra acuto ed ottuso, tra alto e
basso, tra positivo e negativo, tra bene e male? Paradossi spiegati
da questo principio, operativo anche sul piano mentale. Un esempio?
Prendiamo in considerazione odio ed amore, due stati mentali
apparentemente opposti. Ci sono livelli diversi per entrambi, ed
esiste un punto intermedio, in cui si parla di piacere e dispiacere.
Non sono che gradi diversi di una stessa cosa. Infine, aspetto
fondamentale per gli ermetici, le rispettive vibrazioni sono
variabili, tanto da trasformare l'odio in amore, tanto nel proprio
come nell'altrui spirito. E' sufficiente l'impiego della volontà.
Tra gli opposti abbiamo citato il bene ed il male. Ebbene, applicando
il principio della polarità, l'ermetista sa come trasmutare l'uno
nell'altro. Trattasi dell'alchimia mentale, un'arte la cui
applicazione consente, a chi ne padrone, il cambio della polarità
propria e di quella altrui); Ritmo (Il Kybalion recita: "Ogni
cosa fluisce e rifluisce; ogni cosa ha le sue fasi; tutto s'innalza e
cade; l'oscillazione del pendolo si manifesta in tutte le cose; la
misura dell'oscillazione a destra la misura dell'oscillazione a
sinistra; il ritmo compensa". In tutte le cose esiste flusso e
riflusso, un'oscillazione, come quello del pendolo, o dell'alta e
bassa marea. Un movimento conforme al principio della polarità.
Quindi c' sempre azione e reazione, avanzamento e retrocessione,
innalzamento ed abbassamento. Interessa tutto l'universo, ed avviene
nei soli e nelle galassie, negli uomini e nella natura intera, nei
corpi e nella mente, nell'energia come nella materia. Il principio
del ritmo risulta evidente ed incontestabile nella creazione e
distruzione dei mondi, nello sviluppo e decadenza delle nazioni,
nell'alternanza degli eventi storici come nella vita d'ogni essere
umano, nonché negli stessi stati mentali dell'uomo. Gli ermetisti,
compreso questo principio universale, hanno ideato formule e metodi
per annullarne gli effetti, soprattutto in loro stessi, mediante
l'applicazione della legge mentale della neutralizzazione: non
potendo eliminare o bloccare il principio, ne sfuggono in buona parte
gli effetti. Anziché subirlo, lo sfruttano, coll'uso della loro
"Arte". Polarizzandosi nel punto ottimale prescelto,
neutralizzano l'oscillazione pendolare che tende a portarli al polo
opposto. Quanti abbiano raggiunto un certo livello di autocontrollo,
od autopadronanza, lo fanno, almeno fino ad un certo punto, più o
meno consciamente. Il maestro riesce a farlo ogni qual volta lo
voglia, raggiungendo un grado di equilibrio e di fermezza mentale
incredibile per il profano, che invece non può che subire gli
effetti del principio, spesso senza rendersene conto. Trattasi del
principio più e meglio studiato ed approfondito da parte degli
ermetisti, che nel tempo hanno potuto mettere a punto metodi di
reazione, di neutralizzazione e di sfruttamento, metodi che
rappresentano una parte importante dell'alchimia mentale ermetica);
Causa ed Effetto (Il Kybalion recita: "Ogni causa ha il suo
effetto; ogni effetto ha la sua causa; ogni cosa avviene per una
legge; il caso non esiste, un nome dato ad una legge non
riconosciuta; non esistono molti piani di causalità, e nulla sfugge
alla legge". Illogico credere che qualcosa, qualsiasi cosa,
possa avvenire per pura combinazione, dato che ogni evento si
verifica solo in quanto conseguenza d'una precisa causa che
precedentemente, che a monte, l'ha originato. Mentre esistono pochi
piani di causalità, ove i più bassi dominano quelli più alti,
nulla sfugge alla legge. La massa profana non può che subire
l'ambiente, poiché forza e volontà altrui sono più forti di essa
stessa, vera pedina sulla scacchiera della vita. Per cui la massa
viene mossa, succube dell'eredità, della suggestione e di svariate
cause che le sono inevitabilmente esterne. Il maestro invece si
innalza ad un piano superiore, dominando il suo stato d'animo, il suo
carattere, le sue qualità, i suoi stessi poteri su quanto lo
circonda, trasmutandosi da pedina a motore, da spettatore ad
artefice. Usa così il principio, anziché esserne lo strumento
succube. Comunque, soltanto i maestri possono farlo, proprio
sfruttando la legge della causalità dei piani superiori, dopo
essersi assicurato il controllo, il dominio assoluto, sul loro stesso
piano. in questo che condensata l'immensa ricchezza della scienza
ermetica: lo legga, lo capisca e lo comprenda, naturalmente "chi
pu"; Genere (Il Kybalion recita: "Il genere in tutte le
cose; ogni cosa ha il suo principio mascolino e femminino; il genere
si manifesta su tutti i piani". Anche questo principio trova
applicazione ovunque, in ogni cosa: sul piano fisico, sul piano
mentale e su quello spirituale. Sul piano fisico si manifesta come
"sesso", sui piani superiori assume invece forme diverse,
pur restando identico. Nessuna creazione, fisica, mentale o
spirituale, possibile senza questo principio. Generazione,
rigenerazione e creazione d'ogni cosa ha per base questo grande
principio, che insegna come ogni elemento maschile contenga il suo
elemento femminile, e viceversa. Guai a coloro che guarderanno al
principio del Genere per enunciare basse, perniciose e degradanti
teorie, insegnamenti e pratiche, sbandierati con titoli fantasiosi,
che in realtà non rappresentano che una vera "prostituzione"
del principio stesso. Si tratterebbe solo di nefande riesumazioni di
antiche forme infami del "fallicismo", che portano
inesorabilmente alla concupiscenza, alla dissolutezza ed alla
perversione dei principi della natura, ovvero alla rovina del corpo,
dell'anima e dello spirito. Per il puro tutto puro, come per
l'abbietto tutto abbietto.
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